Un'antica civiltà marziana?
Fin dal 1877, anno in cui Giovanni Virginio Schiaparelli, noto astronomo italiano dell’osservatorio di Brera (Milano), scopriva i canaloni di Marte attribuendoli ad una civiltà marziana avanzata, il pianeta rosso è stato eletto a dimora di fantomatici alieni dall'immaginario collettivo. Quando si scoprì che i canaloni erano solo un effetto ottico, la convinzione che Marte ospitasse la vita andò scemando; fino a quando le sonde Viking, inviate sul pianeta con l'intento di scoprire ipotetiche forme di vita, trasmisero a terra alcune controverse immagini del suolo marziano. In alcune di queste (foto sopra), alcuni hanno riconosciuto costruzioni artificiali come le piramidi sulla sinistra o il famoso volto marziano il alto a destra.
La nostra Terra è il terzo pianeta a partire dal Sole; Marte si colloca subito dopo: è il quarto pianeta. Fra tutti i pianeti del sistema solare, Marte possiede le condizioni climatiche più simili a quelle terrestri (anche se il pianeta fisicamente più simile alla terra è Venere); benché la sua rarefatta atmosfera sia formata quasi esclusivamente da anidride carbonica (CO2), nella sua zona equatoriale la temperatura arriva anche a 25 gradi centigradi. Oggi Marte si presenta arido e sterile; il colore rossastro della sua superficie è dovuto agli ossidi di ferro (ruggine) di cui abbonda la sabbia che costituisce il suo desertico paesaggio. Si ritiene, tuttavia, che in un lontano passato, sul pianeta sussistessero le condizioni ambientali per permettere l'esistenza di acqua allo stato liquido e quindi, forse, la vita. A prova di questa tesi si può fare una considerazione: se si osserva la craterizzazione del pianeta, ci si accorge subito che l'emisfero Nord è molto più liscio e pianeggiante rispetto all'emisfero Sud.
È opinione comune che ciò sia dovuto al fatto che l'emisfero Nord, un tempo, ospitò un enorme oceano (battezzato Oceanus Borealis). Sulla superficie si possono ancora osservare i segni lasciati da quelle acque che un tempo scorrevano in quantità: canali sinuosi con tanto di affluenti, fondi di laghi asciutti con depositi di detriti portati dai fiumi, pezzi di scarpate continentali generate dal moto ondoso dell’Oceano Borealis, del tutto analoghe alle scarpate terrestri. I residui della scarpata, si localizzano proprio lungo la separazione fra l’emisfero craterizzato e quello liscio. Si noti anche che l’Olympus Mons, un enorme vulcano di Marte (il più grande del sistema solare con i suoi 24 Km di altezza), è separato dalle zone circostanti da una scarpata di 8 Km. Il che rende plausibile pensare che questo vulcano sia stato un tempo un'isola nel mare marziano.
Queste elucubrazioni, sono state rese possibili dai dati fornitici dalle sonde Viking 1 e Viking 2 che, partite rispettivamente il 20 agosto 1975 e il 9 settembre dello stesso anno, hanno scandagliato a fondo la superficie del pianeta sia dallo spazio (grazie ai moduli chiamati Orbiter) sia dal suolo di marte servendosi dei moduli detti Lander. Il Viking 1 arrivò a destinazione il 15 giugno 1976 e, dopo alcune orbite attorno al pianeta rosso sganciò il lander, che atterrò in una regione chiamata Chryse Planitia (pianura dorata; alle coordinate 22.2º N, 48º W). Il 7 agosto 1976 giunse a destinazione anche il Viking 2; il modulo orbiter di Viking 1 si mise quindi alla ricerca di un posto adatto all'atterraggio del lander di Viking 2 fotografando sistematicamente la superficie.
Il 25 luglio 1976 l’orbiter del Viking 1 stava esaminando una zona situata alle coordinate 41º N e 10º W; questa regione è conosciuta con il nome di Cydonia Mensae e si trova nella piana di Acidalia. Fu battezzata così dall'astronomo italiano Schiaparelli in onore di un'antica città cretese. Fra le immagini catturate dal Viking 1, una in particolare era destinata a scatenare nuovamente la passione per i marziani: quella in quale molti hanno visto un volto umanoide apparentemente scolpito nella roccia e dal diametro approssimativo di un chilometro e mezzo (ne vediamo un dettaglio qui a destra). Inizialmente la foto passò inosservata, poi il noto divulgatore scientifico americano Richard Hoagland, ascoltando le teorie dei ricercatori Vincent Di Pietro e Gregor Molenaar, notò il "volto marziano" e si convinse delle sue origini artificiali. Hoagland fondò il gruppo chiamato Mars Mission, che si prefiggeva di studiare le vestigia dell'ipotetica civiltà responsabile di questa colossale opera e scrisse le sue teorie nel libro The Monuments of Mars: A City on the Edge of Forever, pubblicato nel 1987. All'iniziativa aderì anche Mark Carlotto, uno specialista nell’elaborazione delle immagini.
Oltre alla faccia (che alcuni hanno associato ad una sfinge), sono state individuate quelle che potrebbero essere delle antiche piramidi erose dal tempo. Il progetto di Hoagland non ebbe seguito nella comunità scientifica, che riteneva la faccia marziana un gioco di luce e ombra creato dalla bassa angolazione dei raggi solari al momento della fotografia. In effetti, la foto ha una risoluzione piuttosto bassa ed ulteriori fotografie realizzate con una diversa incidenza dei raggi solari ed una più alta risoluzione (1 pixel = 14 metri) dalla sonda Mars Global Surveyor, nel 1998 e nel 2001, dovrebbero dimostrare che si trattava di una formazione naturale. Pare, comunque, che trentacinque giorni dopo il primo passaggio, il Viking 1 abbia scattato una seconda fotografia dell'area in questione, ottenendo gli stessi risultati della prima volta. Insomma, nonostante le nuove prove fornite dalla nasa che dovrebbero confutare la teoria della costruzione artificiale, c'è ancora chi resta fermamente convinto che la faccia sia reale. In ogni caso, l'assoluta certezza la si avrebbe sono con un'esplorazione umana sul posto.
Passiamo ora alle piramidi: ne sono state identificate ben sei; a quattro e a cinque lati, insieme a quella che alcuni asseriscono sia una "una piccola fortezza triangolare". La più imponente delle 'costruzioni' è alta circa 1600 metri. Richard Hoagland, che era anche un ex-collaboratore della NASA, iniziò insieme al suo gruppo una serie di studi molto dettagliati sulle singolari strutture e mise in evidenza alcune interessanti relazioni tra le loro posizioni reciproche, le dimensioni e gli orientamenti. La complessità di queste relazioni rendeva difficile attribuirle al caso: nel libro sopracitato di Hoagland (The Monuments of Mars) egli afferma che quelli che vediamo nella valle di Cydonia sono in realtà i resti di un grande complesso edificato su marte circa 500.000 anni fa; i costruttori, inoltre, avrebbero seguito regole geometriche (il complesso sembrerebbe allineato con il sorgere ed il calare del sole) proprio come le antiche civiltà terrestri (gli Egizi, ad esempio). Il complesso sarebbe quindi un messaggio matematico indirizzato, sempre secondo Hoagland, ai pianeti vicini.
Hoagland scoprì inoltre che la struttura più significativa nel complesso non era il volto, bensì una piramide pentagonale che lo studioso americano battezzò D&M, in onore dei due ricercatori Di Pietro e Molenar, che avevano notato la struttura sostenendo che denotava un'evidente regolarità geometrica. grazie ai sofisticati elaboratori dello Stanford Research Institute, Hoagland riuscì in seguito ad ottenere una maggiore definizione delle immagini, constatando che la struttura in questione aveva in effetti una base pentagonale, con l'asse di simmetria bilaterale diretto verso il volto. a questo punto, Hoagland non nutre più alcun dubbio circa l'esistenza di un'antica civiltà marziana e continua le sue ricerche, avvalendosi anche della collaborazione di Errol Torun, un tecnico del Pentagono e specialista del Servizio Cartografico del Ministero della Difesa statunitense originariamente incaricato di confutare le teorie dello stesso Hoagland. Torun, raccolse così tante prove a favore della tesi di Hoagland, da cambiare idea e schierarsi con quest'ultimo. Secondo lo studioso, non esisterebbe nessun fenomeno geologico in grado di generare una piramide pentagonale.
Altri studi condotti dal team di ricercatori, evidenzierebbero che la piramide D&M sia stata costruita seguendo la famosa regola delle sezioni auree, molto usate nell'arte dell'antica grecia e con un preciso significato matematico, e che tutte le piramidi della valle di Cydonia sono simili dal punto di vista matematico. La NASA smentisce categoricamente la natura artificiale delle piramidi e le spiega come il risultato dell'erosione eolica. Uno sbarco umano sul pianeta rosso è previsto per il 2020; fino ad allora possiamo fare solo congetture. Ancora oggi, il pianeta rosso continua a far parlare di se regalandoci nuovi misteri: la sonda Spirit, che opera su marte dal 2004, ha fotografato conchiglie sul suolo marziano e, più recentemente, addirittura una sagoma dall'aspetto umanoide.
Fonte:
www.inspiegabile.com